Mindfulness? Sono sicuro che come termine, non ti è nuovo. Andremo a vedere oggi che cos’è, nell’intervento di Luca Bodini, Psicologo clinico e insegnate di Mindfulness presso l’Istituto Italiano per la Mindfulness. Mi raccomando, leggi molto lentamente, in modo consapevole.

Mindfulness e vita quotidiana

Viviamo in modo inconsapevole la maggior parte delle attività della nostra vita. Pensiamo all’attività del mangiare, del lavarsi i denti, camminare o del lavorare. Chi di noi può dirsi pienamente presente a se stesso mentre compie queste azioni? Pensiamo quante volte la nostra mente nella routine quotidiana, ci porta in dimensioni diverse dal momento presente, con memorie del passato o a progettare azioni nel futuro. La nostra mente fa questo in modo automatico e con una frequenza elevata.

Questo fenomeno viene definito “mind-wandering”, la tendenza della mente a produrre pensieri e rappresentazioni mentali senza un’intenzione chiaramente definita, il cui contenuto è non coerente e non correlato con gli stimoli presenti nell’ambiente circostante (Stawarczyk, 2011).

Gli effetti del mind-wandering sono oggetto di studio in recenti ricerche scientifiche. Attualmente quello che sappiamo è che questa modalità, porta alla compromissione delle performance cognitive in particolare nei test di attenzione sostenuta e test attitudinali, produce difficoltà nella lettura, dispendio energetico e affaticamento mentale (Mooneyham, 2013). Ci sono delle conseguenze anche a livello affettivo, ove il mind-wandering peggiora l’umore se è concomitante ad emozioni di tristezza.

A livello clinico sembrerebbe che i pazienti con depressione attivino in modo sistematico questa modalità, coinvolgendosi maggiormente nel mondo interiore e interessandosi sempre meno di ciò che accade nel mondo esteriore (Berman, 2010). La frequenza di questo fenomeno si stima arrivare anche al 50%. Questo ci porta a dire che in media, metà delle attività della nostra mente sono non finalizzate (Kane, 2007; Song & Wang, 2012).

Mindfulness_ tra meditazione ed efficacia clinica. Psicologia Cognitiva Applicata

Nonostante queste evidenze i ricercatori suggeriscono che il mind-wandering non è intrinsecamente dannoso, ma se eccessivo contribuisce attivamente a creare uno stato di infelicità, come testimoniato da un articolo pubblicato su Nature nel 2010: “A Wandering mind is an Unhappy Mind” (Killingsworth e Gilbert, 2010). 

La domanda che vorrei farvi ora è: considerata la tendenza della mente a vagare, molto spesso in modo non finalizzato, quanto tempo della nostra vita siamo effettivamente nel presente?

Il momento presente

Uno studio della Washington University afferma che l’85% delle attività della nostra mente sono orientate temporalmente verso il passato, il futuro o dimensioni incerte, e solo il 15% viene dedicato al presente (Stawarczyk, 2013).

In altre parole, solo una piccola percentuale della nostra vita e della nostra esperienza viene dedicata ad una dimensione che esiste realmente. La stragrande maggioranza della nostra vita la dedichiamo a dimensioni che non esistono.

In certi momenti potremmo sentirci sopraffatti dall’attività della nostra mente, a volte esausti, incastrandoci su pensieri inutili, disturbanti, a volte sabotanti. Vagare significa confusione, e confusione significa sofferenza.

Perché viviamo così poco nel momento presente?

Non si ha una risposta certa. Ci sono tante teorie a riguardo, ma non è l’obiettivo di questo articolo approfondirle. La cosa importante da sapere è che tutto ciò è normale e riguarda la stragrande maggioranza delle persone.

La mindfulness sembra, anche da diversi studi scientifici, essere in grado di aiutare le persone a riconoscere l’automatica tendenza della mente a distrarsi, e a fornire loro attitudini e tecniche, riportandola al momento presente. Questo avviene attraverso un vero e proprio “addestramento mentale”.

Questa può essere una delle ragioni per cui la mindfulness è entrata in occidente con così tanta forza e diffusione. Ponendosi sin da subito come una modalità messa in atto come a conciliare un bisogno.

Mindfulness_ tra meditazione ed efficacia clinica. Psicologia Cognitiva Applicata

Moda o stile di vita?

Permettere alla nostra mente, e quindi al nostro corpo, di vivere nel momento presente non è una moda passeggera o qualcosa di connesso a pratiche esoteriche o riti tribali.

Essere nel momento presente è il solo modo in cui possiamo assaporare pienamente la vita. È solo quando siamo realmente presenti a noi stessi e ai nostri sensi che ci permettiamo di percepire la vividezza di ogni momento, è solo con una chiara coscienza del momento presente che ci permettiamo di crescere e di sviluppare le nostre potenzialità di saggezza, intuizione e tranquillità.

Pensiamo alla sensazione di quiete che sorge quando camminiamo in luoghi naturali, quando siamo vicini a una cascata meravigliosa, a un tramonto d’estate, quando camminiamo in un bosco e sentiamo il suono dei nostri passi. In questi rari momenti siamo pienamente presenti. Siamo pienamente consapevoli.

Ciò che noi definiamo come mente, in realtà dà forma al cervello e alle nostre abilità, agendo durante l’intero corso della vita. Le modalità in cui orientiamo la mente, possono portarci in condizioni di disagio e sofferenza, o in condizioni di serenità e pace.

Mindfulness: meditazione e pratica clinica

Questo principio, di tradizione antica, è alla base degli studi di efficacia della mindfulness e di molti interventi di Psicoterapia di ultima generazione.

“Possiamo rappresentarci la consapevolezza come una lente che concentra le energie disperse e reattive della nostra mente in un’unica sorgente di energia coerente che diviene disponibile per vivere, risolvere i problemi e guarirci”

Jon Kabat-Zinn

Le pratiche di mindfulness e di meditazione sono presenti da millenni e sono storicamente associate all’antica tradizione delle discipline meditative buddhiste. Oggi la mindfulness viene insegnata nelle università e nei contesti accademici in una versione adattata, che tenga conto delle diversità culturali e dei principi di auto-determinazione, in linea con i principi etici e i valori della comunità scientifica internazionale.

Negli ultimi decenni però stiamo assistendo ad un uso improprio di questa terminologia ed è utile provare a definire che cosa si intende per mindfulness.

Mindfulness_ tra meditazione ed efficacia clinica. Psicologia Cognitiva Applicata

In ambito scientifico-accademico, la definizione più diffusa di mindfulness è stata data da Jon Kabat-Zinn nel 1979, ed è la seguente: “la mindfulness è la consapevolezza che emerge attraverso il prestare attenzione allo svolgersi dell’esperienza momento per momento: a) con intenzione, b) nel presente, c) in modo non giudicante” (Kabat-Zinn, 1979). Un’altra definizione molto nota è di Rob Nairn, che definisce il termine mindfulness come sinonimo di presenza mentale, in particolare “la percezione diretta, immediata di ciò che sta accadendo mentre sta accadendo” (Nairn, 2000).

John Teasdale, senior research al Dipartimento di Psichiatria di Oxford, definisce la Mindfulness come “attenzione saggia, nuda ed equanime, una presenza mentale che osserva il continuo e mutevole flusso di sensazioni fisiche, emozioni e pensieri, nel qui e ora, distinta dall’attenzione funzionale, cioè finalizzata a uno scopo; una modalità dell’essere, non orientata a scopi, in cui focus è il permettere al presente di essere com’è e di permettere a noi stessi di essere, semplicemente, in questo presente” (Teasdale, 1999).

La tendenza al mind-wandering viene meno se attraverso la focalizzazione dell’attenzione addestriamo la mente a rimanere ancorata nel momento presente.

Questo comporta un importante numero di benefici sia per il corpo che per la mente. Tra questi cito: riduzione dello stress e miglioramento del benessere, riduzione degli stati ansiosi e regolazione delle emozioni, miglioramento delle relazioni con gli altri e miglioramento delle performance che richiedono attenzione.

Per concludere

I principi fondamentali della Mindfulness sono qualcosa di appartenente all’uomo, alla sua natura e alla sua storia. La mindfulness è un’abilità presente in modo latente in ogni essere umano, e deriva dalla capacità della nostra mente di osservare, riconoscere e accogliere, l’esperienza momento per momento.

Mindfulness_ tra meditazione ed efficacia clinica. Psicologia Cognitiva Applicata

Tale abilità dipende da tecniche e atteggiamenti, che vengono coltivati attraverso pratiche di meditazione. Le pratiche di meditazione ci permettono nel tempo di addestrare la mente, e questo addestramento ci porta gradualmente a modificare abitudini mentali dannose e presenti in noi da molto tempo.

La mindfulness non è semplicemente una tecnica, o uno strumento on-off, ma un’abilità che per funzionare richiede che la tecnica venga accompagnata da atteggiamenti specifici. Se la componente dell’atteggiamento non è presente, non funziona.

Secondo Stahl e Goldstein, praticare la mindfulness assomiglia un po’ a coltivare un giardino: essa fiorisce solo se si verificano determinate condizioni (Stahl & Goldstein, 2010).

Nel prossimo articolo vedremo perché e quali sono queste condizioni e atteggiamenti che ci permettono di essere mindful, e i relativi benefici.

Dott. Luca Bodini,

Insegnante di Mindfulness presso l’Istituto Italiano per la Mindfulness, Psicologo presso Medica Nordest (Monselice, PD), Psicologo e ricercatore presso Centro MBCT per il Disturbo Ossessivo Compulsivo (Vicenza)

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